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  • Immagine del redattoreFrancesca Sanesi

Trasformazione digitale - Sistema Informativo Excelsior: lavoro agile


L’estensione del “lavoro agile” tra le imprese che hanno investito in maniera strategica in questa innovazione è passata nel nostro Paese, secondo i dati del Sistema Informativo Excelsior [1], dal 23,3% del periodo pre-covid, al 40,4% nel 2020.

Lo smart working e le altre forme di lavoro agile non rappresentano soltanto una nuova tecnologia, ma sono propriamente un nuovo modello di lavoro; il cambiamento dell’organizzazione del lavoro mette in discussione anche l’organizzazione della vita dei lavoratori, dell’economia e del territorio. La pandemia ha offerto la possibilità di sperimentare nuovi modelli organizzativi e di reingegnerizzare i processi di back-office. La “corsa obbligata” verso il lavoro agile per molti settori, oltre a garantire la tenuta del sistema sanitario nella continuità produttiva, ha modificato anche il sistema dei trasporti, portato al ripopolamento dei centri minori ed ha avuto anche esternalità positive nell’incremento delle competenze digitali dei lavoratori. Nei prossimi anni il lavoro agile rappresenterà un modello che andrà oltre le contingenze indotte dagli eventi pandemici.


Durante il primo lockdown, lo smart working ha coinvolto 6,58 milioni di persone, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, con una crescita di oltre 10 volte rispetto ai 570mila censiti nel 2019. In futuro il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate da remoto, in media da uno a 2,7 giorni alla settimana.


In Italia gli investimenti strategici in lavoro agile delle imprese del settore industria sono passati dal 19,9% delle imprese investitrici nel 2015 al 33,6% nel 2020. Nel settore servizi dal 24,5% al 43,2%, dal 45,9% al 54% nel settore public utilities e infine dal 18% al 29,6% nel settore delle costruzioni.


Nel nostro territorio le imprese che hanno investito "moltissimo" nell'adozioni di strumenti di lavoro agile sono passate dal 16% pre emergenza sanitaria al 24,4% a seguito della pandemia.


Fra il 2015 ed il 2019 era l'industria al primo posto per questo genere di investimenti (36,6%) con le public utilities che superavano il 57%.



Con l'emergenza, nel 2020, l'industria passa al 35,7%, mentre i servizi salgono dal 28,9% del quinquennio precedente al 38,3%. I servizi avanzati di supporto alle imprese passano addirittura dal 29,3% al 54,3%. È da notare anche il balzo in avanti delle microimprese, che nel periodo 2015-2019 investivano in lavoro agile per il 29,5%, ma nel 2020 questa quota arriva al 37%.

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Nel prossimo post parleremo di: investimenti in risorse umane.

Approfondisci:


[1] I dati presentati derivano dall’indagine Excelsior realizzata da Unioncamere in accordo con l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro. L’indagine, che è inserita nel

Programma Statistico Nazionale (UCC 00007) tra quelle che prevedono l’obbligo di risposta, dal 2017 è svolta con cadenza mensile. Ove non diversamente specificata, la fonte si intende: Unioncamere - ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, 2020.

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